Sorto in seguito all’unificazione di tre casali intorno ad un unico centro di difesa del XII secolo, l’abitato di Tricase è tra i più importanti della costa inferiore salentina, vittima nei secoli di scorribande e saccheggi da parte dei pirati saraceni.
Non a caso l’intera zona circostante vede la presenza di numerosi fortilizi, alcuni sopravvissuti in forma di ruderi, come il castello dei Trane (1580), altri ancora ottimamente conservati: è il caso del Castello Gallone di Depressa, oggi fiorente azienda agrituristica, eretto nel ‘300 e poi ricostruito nel XVI secolo, che raccoglie al suo interno una ricca collezione di oggetti e testimonianze della società medievale.

Cosa vedere a Tricase
Tricase è nota soprattutto per il principesco palazzo Gallone, oggi sede del Municipio, che domina la parte alta (Serra dei Cianci, 201m), risultato della trasformazione di un originario castello trecentesco avvenuta nel corso del XVII secolo e per la barocca Chiesa Matrice, la cui costruzione ebbe termine verso la fine del XVIII secolo.
La piazza del paese cattura subito l’immaginazione: su uno dei suoi lati, il maestoso palazzo-castello del cinquecento domina lo scenario, mentre di fronte si affiancano case dalla disposizione apparentemente effimera. Su questo stesso palcoscenico architettonico si ergono le due chiese più rappresentative: la Chiesa Matrice e quella di San Domenico, vero capolavoro barocco.
Costruita nel 1688, la Chiesa di San Domenico sorprende per la sua ricchezza espressiva ed eleganza. L’ingresso si distingue per un portale finemente decorato con stucchi preziosi, sostenuto da una doppia coppia di colonne dallo stelo scanalato. Queste colonne sorreggono una trabeazione su cui s’innalza un’edicola che accoglie la statua a figura intera di San Domenico di Guzman, affiancato dai busti lapidei dei Santi Pietro e Paolo e da delicate figure angeliche.
Il palazzo principesco, connesso alla chiesa tramite Porta Terra, si sviluppa seguendo una pianta a ferro di cavallo. Il lato che si apre su piazza Vittorio Emanuele si presenta con una linearità essenziale, che spinge lo sguardo verso la maestosa torre maggiore, mentre il carparo, materiale impiegato, incornicia la piazza con un’atmosfera suggestiva. Al contrario il prospetto che abbraccia piazza Trieste si innalza su tre piani, con il secondo caratterizzato da finestre sovrastate da timpani in perfetto richiamo al Cinquecento.
Le origini del castello affondano nelle antiche torri, risalenti al XIV-XV secolo, e il suo nucleo centrale fu creato da Stefano Gallone nel XVIII secolo, quando, investito del titolo di Principe di Tricase, desiderò edificare una residenza che testimoniasse la grandezza della sua casata. L’edificio, una volta completato, racchiudeva ambienti di vario genere: da rimesse, stalle e scuderie fino a mulino, forno, pozzi, cisterne e innumerevoli altre sale funzionali.
Tra la chiesa di San Domenico e la strada che conduce a Sant’Angelo, in prossimità del palazzo principesco, sorge un edificio caratteristico: un tempo residenza dei cadetti della famiglia Gallone, che gli fece guadagnare il soprannome di “Palazzo dei Secondogeniti”.
La vicina chiesa di San Michele Arcangelo, eretta nel 1624 dai Gallone, si distingue per le sobrie decorazioni rinascimentali che adornano la facciata. All’interno, la volta sorprende e affascina grazie a un particolare motivo a girali, sapientemente creato mediante l’incisione dell’intonaco su una struttura in tufo, trasformando un semplice elemento architettonico in un’opera d’arte intricata e suggestiva.
La Chiesa ed il Convento dei Cappuccini dovrebbero risalire al 1578 e si trovano nel cuore del paese, alla fine della piazza che le deve il nome. La chiesa ha visto la sua struttura ingrandirsi sotto il governo di Stefano Gallone, che ne ha ampliato gli spazi con l’aggiunta di suggestive cappelle laterali.
Lungo la strada che da Tricase scende verso Marina Porto, ci si imbatte nella Quercia Vallonea, secondo la tradizione consacrata a Giove, vero e proprio monumento naturalistico della zona. La specie, presente in Italia nel solo territorio di Tricase, mutua il proprio nome da Vallonia, città della Dalmazia, ma in realtà rimanda a Valania, termine con cui i latini erano soliti indicare una particolare specie di ghianda introdotta dai monaci basiliani fuggiti in Italia dall’Asia Minore per scampare alle persecuzioni ottomane, e rimasta fino alla metà del XX secolo profondamente legata all’arte della concia delle pelli, introdotta nella zona prima dell’anno Mille.